Note in merito al meeting di Helsinki (F. Menaldo)

Settembre 2018


The aim of the conference “Bridges and Boundaries in Balint Group Leadership” is to provide a forum for Balint Group Leaders from all over the world to study Balint Group leadership together. There will be an opportunity to explore issues and themes in Balint Group leadership in more depth.

 

Dal 28 al 30 settembre 2018 ho partecipato ad Helsinki al meeting internazionale organizzato dall’International Balint Federation(IBF) e dalla Associazione Nazionale Balint Finlandese.

Il meeting prevedeva la presentazione di alcune relazioni sul tema di questo  convegno “Bridgeand Boundaries in Balint Group Leadership” e incontri di discussione di casi in piccoli gruppi.

 

 

Ogni gruppo si è incontrato 4 volte in 3 giorni per la discussione dei casi con sessioni durate ciascuna 2 ore.

Nel mio gruppo erano presenti medici e psicologi e altri operatori di 12 nazionalità (Austria, StatiUniti, Svezia, Italia, Portogallo, Francia, Belgio, Finlandia, Serbia, Australia, Israele, Inghilterra) e sono stati discussi 4 casi clinici portati nell’ordine da un practitioner israeliano, da uno psicologo americano, da uno psichiatra tedesco ,da un practitioner francese.

Ogni momento organizzativo del gruppo veniva prima discusso e poi deciso insieme, così si era stabilito una divisione delle 2 ore a disposizione in 60’ di discussione del caso e 60 ‘ di discussione  di quanto sarebbe avvenuto nel gruppo.

Il lavoro in gruppo è stato molto interessante anche se abbastanza impegnativo non solo per le difficoltà di comprensione della lingua inglese che tutti capivano ma parlavano a livelli diversi di padronanza ma anche per l’intensità del lavoro del gruppo in cui si focalizzava dapprima la relazione medico paziente nei casi presentati e successivamente come si erano sviluppate le dinamiche nel gruppo e come era stata la conduzione da parte del leader e del co-leader.

Le  riflessioni e gli approfondimenti a me suggerite da questa esperienza.

Il tema del convegno “Bridges and Boundaries in Balint Group” costituiva la cornice entro cui si svolgeva il lavoro del gruppo.

Il tema proposto era quello di approfondire come si costruiscano in un gruppo le comunicazioni (i ponti) che favoriscono comprensione e legame tra i partecipanti e quali siano i limiti (boundaries) che attraverso le regole il gruppo si da per ottenere al meglio il suddetto risultato.

La conduzione del gruppo assunta dai 2 coleaders ha accompagnato la formazione iniziale del gruppo dando limiti e regole di funzionamento così che Il gruppo ha cominciato a strutturarsi e a lavorare sui casi presentati mentre ogni componente esprimeva il suo pensiero sul caso ed aiutava gli altri membri del gruppo a farlo superando le difficoltà linguistiche.

E’ sempre sorprendente in queste esperienze internazionali osservare come, lavorando insieme, accomunati dal condividere il proprio lavoro, si superano le differenze linguistiche. Come se la passione per il proprio lavoro, il desiderio di lavorare insieme con la grande attesa per lo scambio spingessero a superare tutto quello che lo può ostacolare.

Cosa ho riportato dall’incontro coi colleghi.

Vorrei brevemente illustrare alcune riflessioni e approfondimenti che ho riportato dal lavoro in questo gruppo.

Una prima riflessione sulla funzione formativa del gruppo dei colleghi come luogo dove portare dubbi ed emozioni derivati dal proprio lavoro e ricevere input per reggerli, risolverli e potenziare le proprie capacità diagnostiche e terapeutiche.

Soprattutto 2 casi portati dai colleghi hanno a mio avviso esplicitato questi punti perché hanno ben chiarito come il coinvolgimento emotivo del medico per sintomi e problematiche portate dal paziente paralizzava la sua capacità diagnostica e terapeutica e come il lavoro in gruppo coi colleghi sbloccasse il medico aprendogli nuovi spazi di comprensione diagnostica e possibilità di intervento.

Un primo caso lo porta un practitioner francese che si trova davanti un giovane paziente per il quale qualche anno prima aveva predisposto un’urgente ospedalizzazione per complicanza di retto colite ulcerosa.

Poiché il paziente, ad un controllo delle analisi cliniche presenta emoglobina molto bassa, il medico propone, dopo aver contattato i colleghi specialisti che in passato avevano curato il paziente, una ospedalizzazione urgente che il paziente rifiuta.

Il medico che al ritorno dal meeting deve rivedere il paziente, porta al gruppo il panico che l’ha preso nel non riuscire a convincere il paziente ad ospedalizzarsi d’urgenza e nel non trovare alleati nei familiari presenti agli incontri (madre e moglie con bimbo di 2 anni) dispiaciuti ma rassegnati ad accettare la volontà del paziente.

Il paziente porta la propria persona ferita dalla malattia ed esprime di fronte alla malattia del corpo la propria profonda ferita esistenziale.

Il secondo caso lo ha portato uno psicoterapeuta israeliano che ha in terapia una ragazzina adolescente che sfida gli adulti che si prendono cura di lei e si espone a rischi e pericoli di tutti i tipi e il medico, che ha una figlia della stessa età della paziente, porta momenti della terapia nei quali si sente impotente e paralizzato, incapace di aiutare la sua paziente.

In ambedue i casi illustrati il medico resta ferito e paralizzato, incapace di intervenire e utilizzare adeguatamente la preparazione teorica e tecnica dei quali per i suoi studi è provvisto.

Nel primo caso bloccato dal panico, dalla confusione e dall’impotenza, nel secondo caso intasato dall’inconscio personale.

Nel primo caso il medico chiede aiuto al gruppo che, lavorando sulla relazione tra medico e paziente e su quanto provato dal medico durante l’incontro col paziente e i suoi familiari, lo aiuta a comprendere il comportamento assurdo e autolesionista del paziente e a sollevarsi dalla sua angoscia paralizzante, condizione prima per riattivare la mente e uscire dalla confusione e dal panico in cui era caduto.

Nel secondo caso il gruppo aiuta il medico a riconoscere come la sua esperienza di padre di una adolescente della stessa età ed il suo coinvolgimento emotivo, gli impedissero di muoversi in senso terapeutico ed anzi di utilizzare al meglio oltre alle sue competenze psicologiche anche la sua esperienza di padre di una adolescente.

Ho trovato questi casi interessanti e didattici proprio perché illustrano in modo chiaro come in un gruppo con l’aiuto dei colleghi e dei loro punti di vista il medico recupera e amplia una reale competenza tecnica e diagnostica: come, resettato e bonificato emotivamente, viene arricchito dal lavoro del gruppo e potenzia le sue capacità di intervento terapeutico.

Una seconda riflessione ho riportato invece dal lavoro del gruppo su quanto attiene al pensare ai ‘ponti e regole’ che possono far funzionare al meglio un gruppo per l’espletamento del compito formativo programmato o all’opposto impedirlo fino a bloccarlo.

In fondo il nostro gruppo si trovava in una situazione analoga ai medici coi loro pazienti nei casi portati cioè di fronte al problema di costruire ponti di comunicazione  che permettessero di lavorare insieme in una situazione difficile per poterla risolvere.

Anche il gruppo si trovava a dover costruire una comunicazione in una situazione nuova e di breve durata nell’incontro con partecipanti per un verso così omogenei perché accomunati dalla professione terapeutica e dalla passione per il lavoro Balint ma per un altro verso così eterogenei per le diverse professioni, lingue e nazionalità.

Tutto questo è diventato oggetto di riflessione e il gruppo, dopo un intenso confronto, è arrivato alla conclusione che il leader è come un direttore d’orchestra che cerca di far funzionare insieme i diversi strumenti per ottenere sinfonia ed evitare cacofonia (nel gruppo si è menzionato il film di Federico Fellini “ Prova d’orchestra “) cioè mettere insieme e coordinare le diverse parti del gruppo per giungere ad una unione armonica con crescita, soddisfazione e arricchimento dei singoli partecipanti. Ciò che va evitato e prevenuto è il caos e la cacofonia che producono vuoto, confusione o paralisi mentale con assenza di crescita personale.

Si è evidenziato che i 2 conduttori-leader e co-leader-devono per primi saper armonizzare e coordinare i loro interventi per ottenere quanto sopraindicato.

Così, come medico e paziente devono sapersi sintonizzare in modo da poter utilmente collaborare a risolvere insieme le situazioni o renderle almeno tollerabili, i 2 leaders tra loro e con il gruppo devono imparare a superare gli ostacoli consci e inconsci che possono ostacolare il piacere di lavorare insieme per produrre armonia anziché cacofonia disturbante e paralizzante.


Federica Menaldo
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