Caro professor Ferrari (P. Palumbo)

Caro professor Ferrari,

quest’anno non sono riuscita a salutarla personalmente, allora ho pensato di scriverle una lettera che spero lei leggerà, per dimostrarle tutta la mia gratitudine, spiegarle quanto per me l’esperienza del “Gruppo Balint” sia stata importante e comunicarle alcune considerazioni.

Ero arrivata 6 anni fa insofferente con i pazienti noiosi e lamentosi, ansiosi e depressi, arrabbiata con la Asl attenta solo al budget e al risparmio, stanca di un lavoro ripetitivo: ma io come farò ad andare avanti fino alla pensione?

Sono passati quasi 6 anni: devo dire che dei budget della Asl poco me ne importa perché prescrivo meno di una volta, i pazienti mi sembrano meno noiosi e lamentosi e tutto sommato il lavoro non è così ripetitivo e noioso. Che cos’è successo in questi anni? Sono cambiati i pazienti, la Asl o io?

Sicuramente io, il mio approccio con il paziente e vorrei tentare di spiegare cosa mi è successo.

Una volta mi sedevo dietro la scrivania ed avevo due atteggiamenti: o mi sentivo onnipotente e tentavo in ogni modo di trovare una soluzione anche a problemi obbiettivamente insolubili e ne uscivo stanca e frustrata, oppure ero annoiata e poco attenta a sentire sempre le stesse lamentele, i soliti mal di pancia inesistenti o le fibromialgie insolubili, le richieste impossibili.

Ora mi siedo sempre dietro la stessa scrivania ma il mio atteggiamento è cambiato: intanto visito molto di più, tocco le pance dolenti con le coliti spastiche croniche, o la schiena fibromialgica: io so che non scoprirò molto, ma il paziente no. Capisce solo che mi interesso a lui e stabilisco un contatto anche fisico: credo e sono partecipe al suo malessere. Devo dire che spesso quando il paziente esce non gli prescrivo farmaci nuovi, l’ho solo ascoltato, visitato e lui esce quasi sorridendo senza insistere nel volere nuove prescrizioni di farmaci e accertamenti. E io come sono? In questi casi non annoiata o arrabbiata, anch’io quasi sorridente mi dico “anche questa volta ce l’abbiamo fatta !!!” e la Asl? Contentissima non ho speso un euro in più!!

Di fronte ai problemi insolubili ho imparato ad ascoltare, ascoltare, accogliere e condividere il disagio. Ho scoperto che questo atteggiamento di ascolto è essenziale per togliere un po’ di ansia al paziente, a volte è meglio di una prescrizione diagnostica che teoricamente dovrebbe metterlo tranquillo, ma inutile dal punto di vista diagnostico (e la Asl è sempre più contenta!!!): in fondo ascoltare è parte del lavoro dello psicologo con il suo paziente per un malessere psichico, e perché non devo farlo io con un malessere fisico che poi diventa anche malessere psichico o che deriva da un malessere psichico?

Altra cosa che ho imparato è prendermi tempo e non dare subito pareri. Sempre ascoltare, domandare, guardare negli occhi il paziente per trasmettergli il mio interesse e per capire qualcosa di più dalle sue espressioni mimiche: alla fine di queste visite anch’io sono più contenta: sono andata un po’ più in là nella sua conoscenza e il mio paziente diventa interessante!

Ho capito che non è una relazione a senso unico: lui che chiede e io che do, ma è uno scambio, una comunicazione fra due persone.

Relazione: termine che prima di frequentare il BALINT quasi non conoscevo e su cui mai mi soffermavo!!!!

Certo spesso mi capita ancora di rispondere in modo aggressivo o annoiato a dei loro atteggiamenti, ma poi sono assolutamente conscia di quello che è successo e so benissimo cosa avrei dovuto fare per evitare la situazione: è già molto importante essere consapevole di ciò che è successo e saper come fare ad evitarle: sei anni fa non capivo cosa succedeva, ero stanca, annoiata e frustrata e non sapevo come fare ad uscire da queste situazioni, mi sentivo in gabbia: ora so come fare.

Ho capito la differenza fra “curare“ e “prendersi cura”o come dicono i francesi “se prendre soin”.

Tutto ciò comporta sicuramente più tempo per il singolo paziente, ma poi i pazienti tornano con meno frequenza perché più “soddisfatti” della visita, e i conti tornano.

Tutto ciò lo devo ai colleghi con cui ho condiviso serate di discussione e analisi di casi.

Devo ringraziare in particolare lei professor Ferrari che all’inizio mi ha accolto con dolcezza e affetto (all’inizio ero un po’ intimorita e poco sicura dei miei interventi), mi ha fatto sentire importante all’interno del gruppo anche quando forse il mio parere non era molto centrato sull’argomento in questione. Lei è stato molto accogliente, severo giustamente su alcune regole, ma nello stesso tempo affettuoso, disponibile, puntuale nelle sue analisi e con qualche consiglio che conservo gelosamente. Volevo ringraziarla e comunicarle quanto questa esperienza sia stata importante per me e per la mia professione.

Devo dire che di nuovo per me, come durante i primi anni di professione, fare il medico è il lavoro più bello del mondo!!!!

Le auguro buone vacanze e spero di poterla salutare personalmente

 

Paola Palumbo

 

Print Friendly, PDF & Email