"Aiutare il medico a diventare consapevole dell’interazione affettiva esistente col paziente … comprendendone anche le eventuali difficoltà emotive presentate attraverso i sintomi fisici"

Severino Rusconi, 1992

"Il gruppo di formazione Balint è il metodo con cui il medico, offre alla discussione un “materiale costituito dal modo in cui egli utilizza la sua personalità, le sue convinzioni scientifiche, i suoi moduli di reazione automatici"

Michael Balint

"Il metodo di formazione che M. Balint ha proposto per i medici è uno dei contributi di maggior interesse e rilievo che indirettamente la psicoanalisi ha contribuito a dare per la medicina."

Severino Rusconi, 2005

"Il nostro scopo era un esame il più possibile completo del sempre mutevole rapporto medico-paziente, ossia lo studio della farmacologia del farmaco medico."

Michael Balint, 1957

L’associazione AMIGB

L’Associazione Medica Italiana Gruppi Balint è un’associazione di medici, professionisti del mondo della cura e psicologi che credono nel ruolo cruciale dello scambio relazionale tra curante e paziente al fine di migliorare la qualità della professione basata sul prendersi cura.

Nata a Milano nel giugno del 1970, l’AMIGB sin dal 1975 ha aderito, quale Socio Fondatore, all’associazione internazionale che promuove nel mondo la conoscenza e la diffusione della formazione tramite il Gruppo Balint: l’International Balint Federation.

Consiglio
Presidente onorario
Raffaello Adami
Medico Medicina Generale
Presidente
Federica Menaldo,
Psichiatra, Psicoanalista
Vice Presidente
Anna della Casa,
Psicologa, psicoanalista
Consiglieri
Mario Carli
Medico Medicina Generale
Maria Iole Colombini,
Psicologa, Psicoterapeuta (resp. sito)
Carlo Lorenzo Veneroni
Medico Medicina Generale
Silvia Grassi
Medico Medicina Generale, Psicoterapeuta
Paola Palumbo,
Medico Medicina Generale
Segretario
Carlo Lorenzo Veneroni
Medico Medicina Generale
Responsabile Commissione scientifica
Anna della Casa,
Psicologa, Psicoanalista
Tesoriere
Paola Palumbo,
Medico Medicina Generale
Commissione scientifica
La commissione scientifica svolge la funzione di programmazione dell’intera attività scientifica  AMIGB garantendone la qualità e la fattibilità tramite la condivisione con il Consiglio. Per questo fine la commissione si attiva nel creare le condizioni per una comunicazione interattiva con tutti i soci interessati a dare un contributo attivo.
Statuto
Lo statuto della Associazione Medica dei Gruppi Balint
Costituzione,  Sede,  Scopo
Milano, 28/10/2017
Cliccare qui per leggere tutto lo statuto.
Gruppi attivi
In diverse città d’Italia è possibile partecipare a Gruppi Balint già esistenti o di possibile attivazione, sia come educazione permanente che in forma di sensibilizzazione. Gli interessati, possono rivolgersi via mail alla presidente dell’Associazione AMIGB (menaldo05@gmail.com) o contattando il sito per avere maggiori dettagli.
Bergamo:
dott. Corrado Mariucci
Foggia:
dott. Walter Di Bitetto
Lecco/Merate:
dott.ssa Simonetta Martini
Milano:
dott. Mario Carli
dott.ssa Candida Cilli
dott.ssa Maria Iole Colombini
dott.ssa Maura Lichino
dott.ssa Maura Monguzzi
dott.ssa Paola Palumbo
dott.ssa Fabrizia Termini
Modena:
La dott.ssa Anna della Casa conduce un gruppo Balint di formazione misto composto da medici di medicina generale e psicoterapeuti
Napoli:
dott. Antonio Frunzio
Pisa:
dott.ssa Silvia Grassi
Verona:
La dott.ssa Federica Menaldo conduce un gruppo Balint con genitori di ragazzi con disturbi del comportamento alimentare o altre patologie mentali.
La dott.ssa Fabrizia Termini conduce un gruppo Balint di formazione misto composto da medici di medicina generale, psichiatri e psicoterapeuti
Gruppi attivi online:
A causa della pandemia Covid 19 nel 2020 sono stati attivati Gruppi Balint online.
2024: un gruppo Balint condotto dalla dott.ssa M. Iole Colombini è attivo da tre anni con sessioni online ed altre in presenza a Milano.

L’Associazione Medica Italiana Gruppi Balint nasce con lo scopo specifico di favorire la conoscenza e la diffusione dell’applicazione del metodo del Gruppo Balint per la formazione dei medici mirata al miglioramento e alla professionalizzazione delle proprie competenze relazionali nell’ambito della cura, intese come parte integrante dell’atto medico. A tal fine, da un lato l’AMIGB promuove e sostiene varie occasioni di divulgazione e informazione (quali conferenze, convegni, giornate di sensibilizzazione, articoli e pubblicazioni) atte a far conoscere il metodo Balint in ambito medico; dall’altro si fa garante di un elenco di Formatori Balint accreditati a seguito di un percorso continuativo di formazione tramite la partecipazione di almeno due anni ad un Gruppo Balint Formatori.

L’AMIGB si fa promotrice anche della conoscenza e della diffusione di interessanti sperimentazioni di estensione dell’ambito di applicazione del modello del Gruppo Balint ad altre figure del campo della cura, le cosiddette professioni d’aiuto (infermieri, ostetriche, puericultrici, fisioterapisti, personale di assistenza al malato) e del prendersi cura in senso più lato ed esteso (assistenti sociali, educatori, insegnanti di ogni ordine e grado).

Tramite l’estensione dell’applicazione del modello di formazione ideato da Michael Balint ad ambiti che in vario modo si dedicano al prendersi cura dell’altro, l’AMIGB promuove la partecipazione a ‘Gruppi alla Balint’ per genitori. Diverse esperienze in tal senso hanno evidenziato rilevanti effetti positivi dell’esperienza di partecipazione al Gruppo alla Balint di genitori di bambini o di adolescenti con patologie croniche organiche (quali il diabete, obesità e patologie genetiche), genitori di pazienti psichiatrici, genitori di pazienti con disturbi della condotta alimentare).

Tali gruppi, come il Gruppo Balint classico applicano la medesima metodica di formazione ideata da Balint per i medici e si distinguono in modo netto dai vari tipi di gruppi psicoterapeutici. Anche in questo caso infatti il gruppo rimane eterocentrato, cioè non si parla di sé liberamente, esponendo le proprie fatiche e difficoltà, ma si cerca piuttosto di focalizzare l’attenzione sulle interazioni con i figli, concentrandosi sull’espressione relazionale delle proprie funzioni genitoriali e discutendo di volta in volta, una concreta interazione avvenuta con i figli. In altri termini, come nel Gruppo Balint Classico viene messo in gioco il versante di cura della personalità del medico per affinarlo e migliorarlo, nei ‘Gruppi alla Balint’ per genitori viene messa in gioco la capacità relazionale genitoriale (analogamente a come i medici mettono in gioco il versante relazionale del loro sapersi prender cura dei pazienti).

L’Amigb ha fin dall’inizio del suo costituirsi mantenuto il collegamento e lo scambio con l’IBF) per confrontare le esperienze di formazione Balint nei diversi paesi Europei ed Extraeuropei (America del nord e del sud, Australia, Israele, Iran) e proseguire le ricerche sul metodo e diffonderne la pratica. L’IBF promuove incontri tra le Associazioni riconosciute dei diversi paesi (meeting ogni anno nei diversi paesi a turno ed un congresso ogni due anni).

In Italia, grazie all’Amigb ed ai suoi associati, si sono formati e sono attivi gruppi Balint per operatori delle diverse professioni socio-sanitarie oltre che per l’aiuto ai genitori.

A Milano, Bergamo, Torino, Verona, Modena, Pescara, Napoli, Foggia l’Amigb è presente con i suoi conduttori addestrati secondo i criteri consigliati dalla metodica formativa riconosciuta dall’Associazione Internazionale.

L’Associazione pubblica un bollettino con le informazioni per i soci, articoli scientifici e tutte le notizie inerenti l’attività Balint.

Promuove incontri, giornate di studio e altre iniziative volte a raggiungere i fini previsti dallo Statuto. Contribuisce alle attività gestionali e organizzative della International Balint Federation.

 

L’AMIGB si fa garante dei Formatori Balint che accredita; su sua indicazione questi vengono accolti come Formatori Balint accreditati dall’International Balint Federation.

Grazie alla felice intuizione e al costante impegno di Severino Rusconi – medico neuropsichiatra e psicoanalista che avendo letto il libro nel quale Balint presentava il suo lavoro di ricerca e formazione con i medici è andato a formarsi direttamente con lui per importarne in Italia il metodo – già dalla seconda metà degli anni ’60 del Novecento è iniziata anche nel nostro Paese la formazione Balint dei medici: il primo gruppo è partito a Milano nel 1966.

La figura di Severino Rusconi

Breve profilo della figura e del ruolo del dr. Severino Rusconi, al quale dobbiamo la fondazione e l’esistenza dell’Associazione Medica Italiana Gruppi Balint (AMIGB)

 

Severino Rusconi (1930-2005) rappresenta una figura di primo piano nell’avvio e nello sviluppo di una serie di iniziative d’informazione e di sensibilizzazione sul metodo di formazione basato sul Gruppo Balint che dalla fine degli anni sessanta cominciano a svilupparsi in Italia.

Laureatosi in medicina e chirurgia, Rusconi si specializzò in clinica delle malattie nervose e mentali e successivamente completò la sua formazione psicoanalitica in ambito junghiano, all’interno dell’Associazione Italiana per la Psicologia Analitica (AIPA) che contribuì a fondare e sviluppare, esercitando anche come didatta e formatore (avvalendosi in particolare proprio del metodo Balint) fino a creare in seguito, insieme alla dr.ssa Mariella Loriga Gambino, la Sezione Milanese dell’AIPA. Era stato infatti determinante per lui l’incontro con Balint, psicoanalista ungherese allievo di Ferenczi, che, rifugiatosi come molti altri psicoanalisti europei in Gran Bretagna, dopo la seconda guerra mondiale fu incaricato dalla Clinica Tavistock di Londra di attivare un piano di supervisione e riorientamento dei medici inglesi, per aiutarli a ben inserirsi nel mutato contesto lavorativo del neonato ‘Welfare State’ britannico, in cui da tempo operava anche Wilfred Bion. Per sostenere i medici nella loro formazione Balint adottò un metodo di gruppo rispetto al quale si impegnò anche a svolgere una ricerca-intervento. Con il suo contributo la formazione, tramite la condivisione della discussione dei casi clinici ed il confronto offerto dal gruppo, rappresentò un addestramento alla comunicazione e ad una miglior competenza psicologica nel rapporto con il paziente, focalizzandosi essenzialmente sullo scambio relazionale, con particolare attenzione al miglioramento e all’affinamento della capacità di ascolto del medico. Testimone e divulgatore della formazione ricevuta da Balint, Rusconi riteneva che attraverso il lavoro sulla relazione medico-paziente, nell’esposizione dei casi presi dalla loro quotidianità professionale, i medici avrebbero potuto essere aiutati nella comprensione dei pazienti e dei loro disagi e cioè della loro realtà psicofisica e, al contempo, nel miglioramento della loro capacità di sintonizzarsi con la domanda e le esigenze dei loro assistiti.

 

 

Insieme a Mara Palazzoli Selvini Rusconi condusse nel 1966 un primo gruppo a Milano nel Centro Studi di Psicoterapia Clinica allora diretto da Pier Francesco Galli. Nel 1970 fondò l’Associazione Medica Italiana Gruppi Balint (AMIGB) che ha lo scopo di diffondere la conoscenza della formazione alla relazione di cura con il metodo Balint, favorire l’apprendimento di tale formazione da parte dei medici e stabilire contatti sul piano internazionale con le varie associazioni nate in numerosi paesi di tutto il mondo che perseguono lo stesso scopo. L’Associazione italiana, tra le prime costituitesi intorno all’attività del nucleo originario della Gran Bretagna, partecipò alla costituzione della Società internazionale (International Balint Federation) e alla prima stesura del suo statuto. All’inaugurazione della neonata Associazione Italiana partecipò lo stesso Michael Balint, che intrattenne i partecipanti con una breve relazione che tutt’ora è conservata tra i vari materiali d’archivio dell’AMIGB (grazie ai colleghi dr. Raffaello Adami e lo scomparso prof. Augusto Ferrari).

L’associazione era formata da medici, generici e non, ma in seguito si rese necessario affiancare all’associazione una “sezione formatori” costituita da psicoanalisti, che, sotto la guida e la supervisione di Rusconi, avevano acquisito le capacità per condurre gruppi di formazione con la tecnica Balint.

Nel 1972 nasceva la rivista quadrimestrale ’Il ruolo terapeutico’, fondata e diretta da Sergio Erba con il quale Rusconi ebbe modo di collaborare, sempre nell’intento di avvicinare tutte le professioni di aiuto ad una concezione e ad una pratica della professione che tenga conto della dimensione affettiva ed emotiva che caratterizza la relazione professionale. Sulla rivista edita da ‘Il ruolo terapeutico’ è stato pubblicato un articolo di Rusconi che ancora oggi risulta di forte attualità: “L’addestramento al rapporto medico-malato” (1973) in cui l’autore, rispetto all’addestramento/formazione del medico alla relazione con il paziente, sottolinea l’importanza di tenere separate ed in successione la fase informativa, quella della sensibilizzazione e della formazione vera e propria.

Tramite il suo continuativo impegno nella formazione dei medici e dei formatori, facenti parte della sezione dell’AMIGB, Rusconi ha portato avanti la conoscenza del pensiero e del metodo di Michael Balint, secondo cui la formazione si realizza nell’aiutare il medico a diventare consapevole dell’interazione affettiva esistente col paziente. Tale formazione consente al curante di comprendere non solo le eventuali difficoltà emotive del paziente presentate attraverso i sintomi fisici, ma anche le proprie personali reazioni emotive automatiche di fronte alle sue richieste, sulle quali è necessario lavorare per maturare una maggiore professionalità anche entro il delicato contesto della relazione.

Il contributo di Augusto Ferrari

La nascita dell’Associazione e l’avvio della formazione dei medici secondo il metodo Balint in Italia, sono merito del Dott. S. Rusconi, medico psichiatra e psicoanalista.

Nel gennaio 1966, dopo sedici anni di attività come medico, il professore Augusto Ferrari, specialista in Cardiologia, Primario Medico Emerito Ospedale di Saronno, ha partecipato per la prima volta ad un Gruppo Balint, tenuto presso Centro di Psicoterapia in piazza S. Ambrogio a Milano e condotto da S. Rusconi e dalla psicoanalista prof.ssa Mara Palazzoli Selvini che più tardi diventò psicoterapeuta della famiglia, di fama internazionale. Il prof. Ferrari fu colpito dalla metodica di conduzione del gruppo: nel corso della discussione i due leader cercavano di convogliare gli interventi verso la comprensione di che cosa era accaduto tra medico e paziente.

L’ambiente, il comportamento dei leader e quello dei colleghi, in prevalenza medici di base, la metodica con cui venne gestita la discussione, lo affascinarono al punto che da allora Augusto Ferrari si è dedicato ad una formazione personale per la conoscenza e la diffusione della tecnica balintiana. A lui è dovuto il contributo continuativo alle iniziative dell’Associazione AMIGB per far conoscere e diffondere il modello del Gruppo Balint.

“È possibile un’estensione del metodo ad altri contesti operativi?”, i contributi raccolti in questo libro ce ne offrono una conferma. Si tratta di GB attivati in ospedale, nei Servizi sociali, con infermieri ed operatori psichiatrici… etc.

L’edizione di ‘Tra sapere e capire’ è stata curata dallo stesso dott. Augusto Ferrari.

 

 

Segue l’introduzione del libro, ora non più in circolazione ma presente nei nostri desideri per una nuova edizione, arricchita di nuove esperienze.

Introduzione
(note tratte dal testo scritto da Ferrari)

I “professionisti dell’aiuto”, a qualunque categoria appartengano – assistenti sociali, educatori, infermieri, insegnanti, medici, psicologi- (ossia tutti coloro che si trovano a dover gestire un rapporto impari, sbilanciato, tra chi chiede aiuto, e si trova in posizione down, e chi è disponibile a darlo e si trova in posizione up), forse più di altri sentono il bisogno di uno strumento psicologico adeguato alle necessità emergenti dall’impegno quotidiano.

Nelle “professioni d’aiuto” la persona-operatore, incontrando la persona-paziente, determina uno scambio di parole, gesti, pensieri, emozioni (sempre importante e determinante per lo svolgersi dell’impegno professionale), che rende necessaria, oltre all’indispensabile conoscenza tecnica, una formazione psicologica, utile per promuovere una maggiore comprensione della propria personalità e addestrare alla disponibilità empatica.

Comunicare e trasmettere un’integrazione tra la tecnologia che pervade la cultura dei nostri tempi e l’addestramento alla dimensione relazionale, necessita l’acquisizione di particolari e sicure competenze.

Ecco, a titolo esemplificativo, alcuni contesti professionali ove il rapporto interpersonale si configura sbilanciato.

  • Nella pratica medica quotidiana la mentalità corrente, centrata prevalentemente sull’efficienza, sulla rapidità, sulla sicurezza del risultato e sulla potenza dei mezzi diagnostici, contrasta con la richiesta sempre più diffusa, ma disattesa, di un’“umanizzazione” delle prestazioni socio-sanitarie.

“Non è forse vero che nelle mani di un medico esclusivamente tecnico il malato corre il rischio di ridursi ad un oggetto sul quale il medico agisce strumentalizzandolo, magari a fini suoi propri, così come farebbe con una macchina? E non è questo in sostanza quello che gli ammalati dicono quando affermano che vengono trattati con freddezza, senza calore umano, con indifferenza, senza un interesse sincero per i loro problemi personali, quando sostengono che nessuno li sta ad ascoltare, che non sono compresi, nono aiutati efficacemente a superare i dubbi, le ansie, le sofferenze, le reazioni psichiche incontrollate, i comportamenti irrazionali dannosi per la loro salute fisica e mentale, le demoralizzazioni, tanto importanti per loro e per il loro destino?” (A. Selvini)

Il paziente, nonostante il progresso tecnico, non sempre trova ciò di cui ha bisogno e il medico è spesso insoddisfatto, talora annoiato, indotto a ricorrere, sul piano umano, a sterili meccanismi difensivi, privi d’efficacia terapeutica. Curare il fisico ignorando la psiche, non curare l’uomo intero, è disumano, peggio: è disumanizzante.

  • Gli infermieri, specie in ospedale sono parte integrante e insostituibile sia del momento diagnostico che del momento terapeutico. Anche per loro l’esigenza di una formazione psicologica, di un addestramento al rapporto interpersonale è vivamente sentita. E’ un fatto, che può essere accettato o negato, cui si può credere o non credere; il fatto comunque resta. Sono in un rapporto con gli ammalati molto più diretto e più prolungato di quello dei medici; la loro presenza, di giorno e di notte, il loro contatto anche fisico, inteso a soddisfare i bisogni più elementari, è accompagnato da un’intensa carica emotiva. Abitualmente sono aperti e disponibili per un contatto umano con il malato, ma la loro disponibilità e la buona volontà non bastano. Le situazioni altamente emotive che spesso si vengono a determinare nel lavoro ospedaliero sono difficili da sopportare e da sostenere se non ricorrendo a irrigidimenti e a distorsioni della propria personalità a carattere difensivo.

Anche l’incontro con i parenti degli ammalati è vissuto dal personale infermieristico più direttamente e più intensamente che dal medico stesso.

Gli infermieri si trovano così ad avere un ruolo spesso ambiguo: sono più facilmente raggiungibili dai parenti ma sono spesso visti come un prolungamento del corpo medico di cui condividono il potere. Dai medici invece sono talora considerati solo come bravi esecutori di direttive. Ne conseguono sentimenti di frustrazione e d’insoddisfazione, dannosi sia per l’equilibrio emotivo del singolo che per il buon andamento del lavoro.

  • Un’esigenza di formazione è spesso avvertita in modo drammatico dall’insegnante e dall’educatore che ha fatto di tutto, si è preparato, ha studiato e si accorge quanto sia difficile cercare di comprendere e tollerare la delusione data dagli scarsi risultati.

Nel rapporto con l’allievo e con il gruppo di allievi, la classe, l’insegnante si trova ad avere a che fare con un insieme di aspetti emotivi ed affettivi di fronte ai quali egli agisce e reagisce con un proprio stile personale basato prevalentemente sulla risposta spontanea, tipo a corto circuito. Questo metodo non sempre si rivela il più appropriato.

Capita spesso di sentire insegnanti, educatori, parlare del loro disagio ad insegnare e della loro difficoltà a farsi intendere dagli allievi, specialmente se problematici, difficili o handicappati.

Come affrontare questa difficoltà? L’insegnante spesso spera che la didattica, la pedagogia e la psicologia siano la chiave per riuscire, immagina che questa o quella teoria o anche la propria esperienza diano delle certezze, ma poi, nella realtà, nonostante ciò, si ritrova con un allievo che non partecipa, non comprende quanto trasmesso.

L’insegnamento è una professione che necessita di una duplice competenza: la prima è quella connessa alle conoscenze specifiche della materia, la seconda, più complessa, è quella che attiene alla sfera del saper trasmettere informazioni e nozioni degli allievi. Tutto ciò può essere acquisito ed espletato solo in un ambito relazionale.

  • Colpisce come, in un contesto sociale ove viene richiesto un addestramento specifico e un documento che ne attesti la validità per la conduzione di un automezzo, non vi siano proposte per inserire nella formazione dei giovani una preparazione adeguata per il futuro compito dei genitori. Compito che richiede, oltre ad un bagaglio di conoscenze particolari, l’adozione di responsabilità e impegni assai più complessi. Genitori-generatori si nasce, ma genitori-educatori si diventa. Nessuno, infatti, nasce maestro nell’arte di educare i propri figli: un’arte a volte entusiasmante, sovente deludente, sempre inquietante.

Che fare allora, visto che nessun corso tradizionale di psicologia ci può mettere al riparo da fatiche e fallimenti? Per assolvere alla meno peggio questo compito non basta capire il bambino, ma occorre conoscere e capire se stessi. Generare psicologicamente è difficile e complesso. Non dipende tanto da un’azione esterna quanto dall’incontro tra esseri umani e dall’interazione delle loro componenti affettive ed emotive. La complessità delle relazioni umane è al di fuori dal controllo diretto degli schemi biologici, è imprevedibile, si struttura nella più tenera età ed è correlata al gioco dei sentimenti e delle emozioni. Le idee, per quanto buone, non possono essere trasformate in esperienza, soltanto l’esperienza può generare una nuova esperienza. I genitori “professionisti dell’aiuto”, infatti, si sono dimostrati talora più degli altri impacciati nel gestire il rapporto con i loro figli.

  • Il fenomeno volontariato (ulteriore ambito in cui si realizza una modalità d’aiuto) negli ultimi decenni sta cambiando volto e stile operativo: si è passati da una visione puramente ‘riparatoria’, basata sul binomio assistenza-beneficenza, ad una visione ‘liberatoria’ incentrata sulla ricerca e rimozione delle cause provocanti il disagio.

Il modello di volontariato con connotazione ’riparatoria’ si è posto e si pone accanto al sofferente con la finalità di contenere e di ridurre il dolore, puntando fortemente sulla generosità e sullo spirito di carità delle persone; quello di tipo ‘liberatorio’ vuole andare oltre: rimuovere la causa che sta alla base della sofferenza puntando ad un salto culturale.

Questo, in concreto, significa saper mettere in discussione il sistema che provoca la sofferenza partecipando ….con una propria politica, che abbia a fondamento la solidarietà e sia voce di coloro che credono nel bene e nel buono e soprattutto di chi oggi non ha voce: i bisognosi di aiuto (malati, poveri, sofferenti).

La povertà e la sofferenza mutano, i bisogni del destinatario del nostro servizio cambiano. Per fare il bene oltre il cuore serve l’intelligenza, il metodo, perché un bene fatto solo perché gratifica noi stessi, senza sapere a chi è diretto, può cronicizzare il male.

Questi pochi cenni sulle difficoltà e sull’impegno presenti nell’espletamento di alcune professioni d’aiuto (non vi sono sostanziali differenze con altre professioni, come quelle degli assistenti sociali, degli psicologi, dei riabilitatori…etc.) confermano l’utilità e l’indicazione di un percorso formativo psicologico.

Sono numerose le iniziative intraprese nel tentativo di dare una risposta a questo problema, per lo più interessanti e ricche di spunti innovativi, però in gran parte inadeguate a soddisfare la richiesta.

La nostra proposta operativa, i “gruppi di formazione secondo il metodo Balint”, si avvale dei presupposti e delle conoscenze della psicologia analitica che ha fatto negli ultimi anni notevoli progressi.

La dimensione psicologico-relazionale, non può comunque essere limitata ad una teoria o ridotta ad uno schema. Non è insegnabile, è insita nella stessa natura dell’attività professionale. Va riscoperta e ricoltivata.

Ha un’originalità sua propria che la contraddistingue da tutte le altre relazioni personali e professionali, per cui può costituire di per sé un oggetto di studio.

La ricerca, nata e sviluppata nel contesto psicoanalitico, ha preso corpo a se stante approfondendo lo studio clinico dell’interazione tra chi è portatore di una qualsivoglia sofferenza e chi è deputato a prestare aiuto. Interazione complessa, in parte conscia e in parte inconscia, a sua volta soggetta all’influenza dell’ambiente in cui si verifica.

L’essenza di questa formazione non la si troverà sui libri, per quanto eccellenti e pratici, ma va acquisita sul terreno.

I gruppi Balint

I Gruppi Balint (GB) rappresentano una collaudata metodologia di formazione esperienziale di gruppo, creata originariamente dallo psicoanalista Michael Balint (1896-1970) per l’addestramento psicologico dei medici di famiglia…